Psyco by Robert Bloch

Psyco by Robert Bloch

autore:Robert Bloch [Bloch, Robert]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Google: g-H9NAAACAAJ
Amazon: B00FD0X6EE
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 1961-08-14T22:00:00+00:00


9

Il pomeriggio del sabato, Norman si fece la barba. Si rasava solo una volta la settimana, e sempre di sabato.

Non gli piaceva farsi la barba, per colpa dello specchio, che aveva quelle linee ondulate. Pareva che tutti gli specchi avessero linee ondulate, che gli facevano dolere gli occhi.

Forse il vero guaio era che aveva gli occhi in cattive condizioni. Sì, proprio così doveva essere perché ricordava che da ragazzo gli piaceva moltissimo guardarsi allo specchio. Gli piaceva fermarsi davanti a una lastra di vetro, completamente nudo. Una volta la mamma lo aveva sorpreso in quell'atteggiamento, e gli aveva allungato un colpo in testa con la spazzola grossa dall'impugnatura d'argento. Lo aveva colpito forte, e gli aveva fatto male. La mamma gli aveva detto che era una brutta cosa rimirarsi in quel modo.

Ricordava ancora la fitta del colpo, il dolore alla testa che gli era derivato. Da allora gli sembrava di sentire male alla testa ogni volta che si guardava nello specchio. Poi la mamma lo aveva portato dal medico, e il medico aveva detto che aveva bisogno di occhiali. Gli occhiali gli erano risultati utilissimi, ma gli riusciva ancora difficile vedere perfettamente quando guardava in uno specchio. Così, dopo un poco, aveva smesso di guardarsi, se proprio non ne poteva fare a meno. E la mamma aveva avuto perfettamente ragione. Era una brutta cosa rimirarsi nudi, senza niente addoso, considerare il grasso che traboccava, le braccia corte senza peli, il ventre gonfio e, sotto il ventre...

Quando lo faceva, sentiva il desiderio irresistibile di essere qualcun altro. Qualcun altro che fosse alto, snello e bello, come lo zio Joe Considine. — Non è la più bella figura di uomo che tu abbia mai visto? — ripeteva sempre la madre.

Ed era vero, anche, e Norman aveva dovuto ammetterlo. Ma continuava a odiare lo zio Joe Considine, anche se era bello. E avrebbe voluto che la mamma non insistesse a chiamarlo «zio Joe». Perché non era un vero parente, no, ma un semplice amico che veniva a far visita alla mamma. Ed era stato lui a convincerla a costruire il motel, dopo aver venduto i terreni della fattoria.

Era strano. La mamma parlava sempre contro gli uomini, parlava sempre di «tuo-padre-che-è-scappato-e-mi-ha-abbandonata», ma lo zio Joe Considine riusciva a farle fare quello che voleva; bastava che alzasse un dito, e lei obbediva. Che meraviglia essere così, avere l'aspetto che aveva lo zio Joe Considine.

Oh, no, non doveva affatto essere una meraviglia! Perché lo zio Joe era morto.

Norman socchiuse gli occhi alla propria immagine mentre si rasava. Buffo come se ne fosse dimenticato. Perché dovevano essere ormai vent'anni. Il tempo è relativo, certo. Lo aveva detto Einstein, e non era stato il primo a scoprirlo; lo sapevano anche gli antichi, e alcuni dei mistici moderni, come Aleister, Crowley e Ouspensky. Norman li aveva letti tutti, e aveva persino qualcuna delle loro opere. La mamma non approvava questa sua passione; affermava che le cose del genere erano contrarie alla religione, ma non era questa la ragione vera della sua ostilità.



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